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Sabato 05 Novembre 2011 17:35

L'arte per il popolo. Realismo socialista a Roma

Scritto da  Daniela Ciabattini
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"Un'arte comprensibile per le masse". In questo breve assunto di Lenin, formulato negli anni immediatamente successivi alla Rivoluzione Proletaria, appare chiara la sua posizione nei confronti dell'arte, che secondo Vladimir Il'i? doveva essere "lontana dagli eccessi formalistici dell'astrazione futurista" per diventare, appunto, comprensibile a tutti.

 

Viktor Popkov Costruttori di Bratsk

Viktor Popkov.  Costruttori di Bratsk, 1960-1961.  Galleria Statale Tret’jakov, Mosca

 

Con il passare del tempo il pensiero di Lenin andò via via prendendo forma fino a trovare la sua massima espressione durante la dittatura di Stalin, con la formulazione ufficiale del Realismo socialista, ovvero l'unico tipo di arte permessa dallo Stato nel periodo dell'Unione Sovietica. La nascita ufficiale del Realismo socialista si ebbe nel 1934 durante il Congresso degli Scrittori Sovietici di Mosca: lo scrittore Maksim Gor'kij sancì il principio secondo il quale l'arte doveva avere una forma realista e un contenuto socialista, in accordo con la dottrina marxista-leninista.

La massima affermazione del Realismo socialista si ebbe durante lo Ždanovismo: Andrej Ždanov, fido collaboratore di Stalin, proclamò il Realismo socialista unica forma d'arte ammessa dallo Stato e sciolse i movimenti artistici indipendenti, formando delle Unioni degli artisti strettamente controllate dal potere sovietico.

I principi del Realismo socialista sono molto semplici: gli artisti dovevano rappresentare in modo concreto la rivoluzione e la realtà socialista in modo da educare i lavoratori secondo gli ideali del partito; pertanto, tra i soggetti prediletti di questi artisti c'erano la grande guerra patriottica, il futuro glorioso dell'Urss e la vittoria del Comunismo. Le opere di questo periodo rappresentavano scene trionfalistiche di partito, culto della personalità dei maggiori esponenti politici, ritratti di famiglie sane e felici, contadini lieti di lavorare per la collettivizzazione, insomma: propaganda politica allo stato puro. Gli artisti che si rifiutavano di seguire i dettami dell'arte di regime venivano esiliati o esclusi dagli incarichi pubblici, praticamente privati della possibilità di esprimersi e, nei fatti, di lavorare.

 

Film "La figlia della Patria". Regia Vladimir Korsh-Sablin, 1937

Ovviamente il Realismo socialista non è rimasto fermo monoliticamente sulle sue posizioni, bensì si è evoluto con il tempo, ad esempio, nel tardo dopoguerra, alle scene di collettivi agricoli si sono sostituiti motivi di carattere nazionalista in reazione alle influenze straniere. Dopo la morte di Stalin, e la successiva destalinizzazione operata da Chruš?ev, il Realismo socialista rimase arte di regime ma con notevoli attenuazioni, fino alla fine del movimento artistico dopo il periodo di Brežnev.

Una premessa lunga ma necessaria, questa, per comprendere a pieno il clima della mostra "Realismi Socialisti. Grande pittura sovietica 1920-1970", allestita a Roma, fino all'8 gennaio 2012, presso il Palazzo delle Esposizioni, promossa dal Museo Statale Russo di San Pietroburgo, dalla Galleria Statale Tret'jakov di Mosca, dal Centro Statale Museale ed Espositivo "Rosizo" di Mosca, e curata da Matthew Bown, Evgenija Petrova e Zelfira Tregulova.

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Last modified on Sabato 17 Dicembre 2011 23:39

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