Con l’arrivo dell’arte futurista sulla scena europea non è più possibile dimenticare che l’automobile non è solo un oggetto meccanico ma pure un fenomeno estetico e culturale. Alle sue spalle, nel tempo, il mondo settecentesco, arcadico nelle sue aggraziate statue neoclassiche che segnano la via nei giardini fioriti, le belle ville, i palazzi in stile palladiano, resta solo un lontano ricordo. I giardini e i parchi delle ville stanno ancor oggi allo stesso posto protetti da un magistrato alle belle arti, ma quel mondo, che in essi si rappresentava, era già tramontato, dopo nemmeno un secolo, al fracasso assordante dell’officina ottocentesca, dalle pulegge mosse dalla macchina a vapore.
L’armonico tempietto che costituiva il portale della villa neoclassica, prima in vista delle fresche campagne coltivate, è imitato a distanza di qualche centinaio di metri dall’ingresso della stazione della strada ferrata del 1845, ma questo è per poco ancora.
Presto, in una città che sale a dismisura, nuove forme architettoniche relegano i delicati frontoni ellenici e le slanciate colonne nel candore delle pagine di manuali di disegno ornato…
Albeggia il XX secolo e la città vede popolare le sue strade non solo da carrozze e tramways a cavalli, con carretti e calessi per corollario, ma da una nuova temibile invenzione: l’automobile!
Nel 1897 il poeta francese Stéphane Mallarmé scrive della bellezza dell’automobile sotto un titolo assai pregnante “Sur le beau et l’utile” e anticipa di misura l’avanguardia futurista italiana che, nel 1905, ha nelle pagine de “La nuova arma. La Macchina” del ligure Mario Morasso un primo scritto che pone le basi di quella che viene oggi detta l'estetica della macchina.
Come si vede, il formarsi dell’industria automobilistica procede ormai parallelo nel tempo alla rapida percezione dell’ulteriore rivolgimento estetico forzato dal nuovo veicolo terrestre, dopo quello indotto fin dai primi decenni del 1800 dalle fumanti ciminiere di città, battelli a vapore e locomotive.
Vediamo allora come apparve l’automobile nella Russia degli anni '30, il tempo sovietico in ascesa, e questo attraverso foto dell’epoca, sempre affascinanti nel loro gioco di luce e ombra, bianco e nero, quando sembrano ritornare da un lungo viaggio nel passato oramai caduto in oblìo a ricordare quello che furono quegli anni andati incontro, nella storia e nel fato, ad una guerra terribile!
Ma non solo: con quadri e disegni d’architettura cerchiamo di aprire anche un primo stretto varco sul contatto che vi è stato fra un mondo nel quale l’automobile si è innestata di forza e il senso estetico nelle arti.
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Una foto di Alexander Rodchenko, è il 1930, da dentro un’automobile la visione è del traffico intenso non convulso di una via di Mosca. Passanti e carriaggi, i pali della luce, le pareti incombenti dei grandi palazzi classici alla Ivan Zoltovskji sulla strada. L’auto cerca di farsi largo e l’occhio ha come collimatore per la direzione da seguire la stella a tre punte di un emblema irto sul radiatore…
La vettura è proprio una Mercedes Benz, trasformata in autoambulanza, nella Mosca dei piani quinquennali!
E’ solo una sorpresa apparente, in realtà, fra l’inquieta Germania dei tardi anni '20 e primi anni '30 e la Russia sovietica in “Aufbau” - in costruzione - i rapporti sono molto più serrati di quanto si possa credere. L’aristocratico esercito, la Reichswehr effettua esercitazioni congiunte con l’Armata rossa, gli architetti modernisti germanici studiano con attenzione le novità architettoniche di un Leonidov e di un Vesnin, il russo Kandinskji viene ad insegnare al Bauhaus…
Evidente come i sovietici guardino con estremo interesse pure all’evoluta industria dell’auto tedesca. Non è troppo noto ma lo stesso genio tecnico germanico del tempo, l’austroboemo professor Ferdinand Porsche che ha lo studio di progettazioni aeree, navali e di veicoli terrestri in quel di Stoccarda, compie, all’epoca, un viaggio nella Russia al termine del quale gli viene offerta la direzione e pianificazione dell’industria automobilistica di stato. Offerta rifiutata perché, pare, avrebbe dovuto comportare un cambio di cittadinanza o quantomeno l’obbligo di risiedere in Russia senza espatri per tutto il periodo della direzione…
L’industria sovietica non é peraltro disinteressata a quel che succede nell’Italia mussoliniana dei coevi record aeronautici, tutt’altro: l’Alfa Romeo, a quell’epoca proprietà dell’IRI, costruisce in Russia una grande fabbrica di cuscinetti che deve servire il locale comparto di tutta la meccanica.
In quei lontani anni 30 l’automobile sta per divenire da veicolo di una sola classe privilegiata di popolazione a mezzo di locomozione diffuso. Stati Uniti del Nord America, Francia, Germania con Cecoslovacchia e, di nuovo, Italia, sono le nazioni che hanno l’industria dell’auto più innovativa: telai semplificati, carrozzerie che gradualmente abbandonano la struttura in legno, motori sempre più piccoli ma di maggiore potenze specifiche, contenimento dei pesi e razionalizzazione ed organizzazione del lavoro sono i fattori sui quali le case costruttrici intervengono per rendere il veicolo sempre più economico alla produzione ed all’acquisto con la possibilità, quindi, di acquisire un mercato esteso entro il proprio ambito e nell’esportazione. I produttori maggiori iniziano anche ad acquistare industrie estere:
la Ford costruisce in Gran Bretagna, in Germania e, sempre nel corso degli ultimi anni 30, finirà per costruire auto pure nella Lituania per poco tempo ancora indipendente. La Fiat avrà presto la Simca quale consociata in Francia, poi la Nsu in Germania, la Polski-Fiat in Polonia e una sua fabbrica in Cecoslovacchia…
Continua...