Nell’universo artistico a geometria variabile dell’Avanguardia russa appare come una visione il maestro assoluto dell’arte analitica, l’artista che in solitudine elabora ex novo un linguaggio pittorico ancora insuperato, che fa della creazione artistica un’esperienza mistica e materialista insieme, l’uomo che riesce a riunire armonicamente nella propria vita ideali romantici, religiosi e rivoluzionari nella Russia degli anni Dieci, colui che risponde al nome Pavel Filonov.
L’uomo
Artista dalla personalità per niente eccentrica: al contrario mite, generoso, modesto, silenzioso, laborioso, visse sempre in povertà e morì in solitudine inviso dal potere, ma non rinunciò mai alla propria integrità spirituale. Uomo tormentato, sempre alla ricerca del bene, artista dedito anima e corpo alle cause dell’arte analitica, non cambiò mai strada sicuro del proprio destino. Ebbe un unico amore terreno dichiarato: quello per la moglie Ekaterina Serebrjakova Aleksandrovna, che amò fino alla morte, e un amore sincero per la sorella, compagna di sventure e sostenitrice dei suoi ideali.
L’artista
Avverso al mecenatismo e al vil denaro, il grande maestro dell’Arte Analitica che dipinse svariate centinaia di quadri ed ebbe numerosissimi allievi viveva in una cameretta di venti metri quadri e due finestre, si nutriva di riso, pane e tè e dormiva su un letto, coperto di un solo lenzuolo. Filonov non voleva ricevere soldi in cambio dei propri insegnamenti: si limitava a regalare le proprie opere e si rifiutava di venderle all’estero, dove esse venivano richieste per ingenti somme. Egli avrebbe infatti considerato l’idea di vendere le proprie opere oltre il confine, solo nel momento in cui esse avessero ottenuto il dovuto riconoscimento in patria. Questo, ahimè, non avvenne mai mentre lui era in vita, e solo raramente riuscì ad esporre pubblicamente i propri lavori.
Alla sua morte la sorella Evdokija li donò tutti al Museo russo di San Pietroburgo, come Filonov aveva voluto che fosse.
Kanon i zakon
Artefice della propria arte e, in una certa misura, del proprio destino, Filonov credeva che la Natura non andasse imitata ma ricreata, in senso letterale, sulla tela. Di essa andavano riprodotte non le forme, ma i meccanismi che concorrono alla creazione delle cose. Di conseguenza, l’artista doveva istruire il proprio occhio a percepire non solo il visibile ma anche ciò che è nascosto, per così dire, alla vista superficiale del mondo: vi è l’occhio che vede e poi vi è l’occhio che sa.
Secondo Filonov, nel processo di creazione l’artista dovrebbe cogliere ogni singolo atomo che compone la realtà e riprodurlo sulla propria tela fino a comporre un insieme di atomi e la materia. I quadri dell’arte analitica sono quindi opere che crescono sulla tela come esseri viventi in procinto di fuoriuscirne e riversarsi nella vita degli individui. L’artista può considerare ultimato i propri quadri solo nel momento in cui essi sono “fatti”, ossia completi di ogni singolo dettaglio (sdelannye kartiny). Naturalmente ogni lavoro porta l’artista a svolgere un attento lavoro su di sé per rivelare al pubblico i prodotti della propria coscienza.
La vita urbana e la fioritura universale
Al contrario dei futuristi italiani, fautori di un’idea positiva di progresso, Filonov elabora un’utopia romantica di ritorno alla Natura
e considera la città moderna fonte di alienazione che disorienta e corrompe l’uomo. In alcuni dei suoi quadri più rappresentativi di questa idea viene messa in rilievo una contrapposizione netta tra gli esseri umani e gli animali: i primi rappresentati con tratti bestiali e i secondi invece caratterizzati da occhi espressivi umani
Nelle città di cemento che si è costruito, Filonov dice con un certo candore, l’uomo non sa più con chi giocare, è rimasto solo. Traspare quindi dalle sue opere nostalgia per il tempo in cui l’uomo viveva in armonia con la Natura in società più eguali, ed è a questo tipo di mondo mitico a cui Filonov vorrebbe far ritorno. Con le sue opere egli esorta gli spettatori ad accogliere un nuovo mondo: quello della Fioritura universale.
Il tempo
Nelle tele di Filonov la dimensione temporale è completamente assente: esse si svolgono in un continuum temporale avulso dalla realtà. Passato presente e futuro sono sostituiti da una verità senza tempo, su piani di significato che si intrecciano lasciando allo spettatore il compito di decifrare la tela con l’ausilio dei propri sensi.
Aspetti religiosi
Alcuni tratti esistenziali della vita di Filonov (il pellegrinaggio a Gerusalemme) e i particolari presenti in alcune sue opere ci portano a pensare che egli fosse credente.
Non siamo a conoscenza di come conducesse la propria vita spirituale nel concreto (e possiamo desumere che non svolgesse una vera e propria pratica, dati i tempi in cui visse), ma possiamo evincere che in lui vi fosse se non un’accoglienza del messaggio cristiano, per lo
meno una tendenza mistica che lo guidava tanto nella vita quanto nella sua attività professionale.
I Filonovcy
Mentre era in vita Filonov ebbe la più nutrita schiera di allievi di qualunque altro maestro dell’Avanguardia. Nonostante avesse un temperamento molto schivo e poco socievole, il maestro dell’Arte analitica richiamò intorno a sé un vivo interesse da parte di studenti e artisti, i quali non lo abbandonarono nemmeno quando il Potere gli fu avverso: la sua masterskaja (M.A.I.) continuò a sopravvivere benché fosse stata messa fuori legge.
Anche dopo la sua morte Filonov ebbe molto seguito: i cosiddetti Filonovcy continuarono ad operare per gran parte del Novecento e ancora oggi troviamo nello scenario dell’arte russa alcuni suoi epigoni.