Una mostra importante quella di Roma e non solo perché è la più grande mai realizzata fuori dalla Russia su questo movimento artistico, ma soprattutto perché ha l'obiettivo di "sottrarre le opere del Realismo socialista alle interpretazioni svolte in chiave propagandistico-politica e restituire questo peculiare, e tuttavia imponente movimento artistico del XX secolo al giudizio del pubblico nella sua dimensione propriamente storico-artistica".
La mostra si caratterizza per i quadri di grandi dimensioni e per la rigorosa presentazione del periodo storico: sette sale corrispondenti ad altrettante fasi del Realismo socialista, dagli albori dopo la guerra civile all'epilogo con il dissolversi dell'Unione Sovietica.
Grazie a questa mostra si possono ammirare capolavori di pittori ancora poco conosciuti in Italia come Jurij Pimenov, Isaak Brodsky, Georgj Rublev, Aleksandr Samochvalov, Vasilij Efanov, Archadij Plastov, Dimitrij Žilinsky, Gelij Koržev, oltre ai grandi artisti di fama mondiale come Aleksandr Deineka e Kazimir Malevi?, per un periodo prestatosi, pur se a suo modo, a questo tipo di arte.
L'esposizione si apre con il periodo che va dal 1920 al 1, ovvero dalla fine della Guerra civile alla fine della Nuova Politica Economica (NEP), con opere nelle quali a farla da padroni sono il progresso nelle sue diverse sfaccettature e la centralità della figura umana, un Uomo nuovo auspicato dai rivoluzionari russi fini dal XIX secolo.
Dal 1928 al 1936 si assiste all'affermazione della leadership di Stalin e alla campagna contro il formalismo, ed è proprio in questo periodo che si forma ufficialmente il Realismo socialista.
Gli anni che vanno dal 1936 al 1941 vedono, dal punto di vista storico, il periodo del Terrore e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e, naturalmente, soprattutto quest'ultimo evento divenne il tema dominate in campo artistico.
Dal 1941 al 1945, la massima importanza, anche nell'arte, l'ebbe la Grande Guerra Patriottica, e in particolare l'immediato dopoguerra, dove le opere assunsero un carattere celebrativo e trionfalistico: basti ricordare l'immagine del Maresciallo Žukov trionfante sui vessilli nazisti nel quadro di Jakovlev, o il trionfo del popolo vittorioso di Michail Chmel'ko.
Nel 1953 muore Stalin e con il suo successore Nikita Chruš?ev si ebbero i primi segnali di cedimento dell'ottica realista socialista. Dal 1954 al 1964 ci fu il periodo del "disgelo" e la destalinizzazione anche nell'arte, la quale iniziò a sostituire il freddo stile di regime con immagini rurali e con il risveglio della vita interiore.
Dal 1964 al 1974 si assiste all'avvento di Leonid Brežnev, alla guida del partito dall'ottobre e al cosiddetto periodo della "stagnazione", nella quale l'opera di Chruš?ev fu interrotta; l'arte visse un periodo molto difficile, nel quale ci fu un sensibile ritorno al passato, fino agli inizi degli anni '70 quando gli artisti smisero di concepire la pittura come un riflesso del mondo esterno e inizarono a viverla come l'immagine della propria interiorità.
"Realismi Socialisti. Grande pittura sovietica 1920-1970"
a cura di Matthew Bown, Evgenija Petrova, Zelfira Tregulova
11 ottobre 2011 - 8 gennaio 2012